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sabato 3 maggio 2008

L'Avvocato della lingua italiana

"Signor Presidente, Le parlo brevemente, soprattutto come superstite di quell’esiguo gruppo di accademici che negli anni postbellici, con l’animosa guida di Giacomo Devoto, vide restituita all’Accademia l’impresa del Vocabolario della lingua italiana, soppressa nel 1923, e ampliate la struttura e l’efficienza della secolare istituzione."
Con queste parole Giovanni Nencioni nel 2002 salutava Carlo Azeglio Ciampi in visita all'Accademia della Crusca: con garbo parlando di un figlio che gli sarebbe - com'è logico, ma in questo caso fortunatamente - sopravvissuto, vale a dire il Vocabolario della lingua italiana.
Adesso Giovanni Nencioni, che si è spento a 96 anni stamane, magari si occuperà del Vocabolario lavorando a progetti e schedature per una ulteriore "custodia" della lingua italiana, lui che era per formazione e studi, avvocato, e si era laureato con Piero Calamandrei studiando diritto processuale.
E difenderà ancora Manzoni e Verga, o Dante e Pirandello (suoi autori amati): quasi come l'altro Avvocato che l'Italia del Novecento ha avuto, Gianni Agnelli, avrebbe difeso la Fiat e avrebbe parlato, in un ultimo discorso, della Ferrari - la figlia che sarebbe sopravvissuta, quella più bisognosa di cure perchè oggetto prezioso fra i beni di famiglia.
Come le parole del Vocabolario, quelle che viaggiano prima e dopo di noi, ma alle quali lasciamo un segno per l'averle amate, baciate, masticate - o magari intraviste solo una volta nella vita, ombre perdute.

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