Se per Itaca volgi il tuo viaggio, / fai voti che ti sia lunga la via, / e colma di vicende e conoscenze... (Konstantinos Kavafis)

sabato 10 maggio 2008

"Desine meque tuis incendere teque querellis:/ Italiam non sponte sequor.": una musica che incendia

Desine meque tuis incendere teque querellis:
Italiam non sponte sequor.

Smettila, dunque, coi pianti di ferire a fuoco te e me:
Non vado in Italia da me.


Una vecchia norma per l'ortoepia - la corretta pronuncia - dell'esametro latino, è quella di far sentire un accento per ogni arsi del piede metrico...
Già a sentire una definizione del genere, si perderebbe la voglia di leggere e ruminare fra sé e sé Virgilio, di cercare di capire come in questo Enea che si allontana da Didone, e pare sospirare con i suoi accenti, e rallentare la corsa delle sue parole, si intraveda già tanto di quegli eroi di Torquato Tasso nella sua Gerusalemme liberata, tanto di quel languore di Giambattista Marino nell'Adone, senza per questo scadere in una loquacità priva di turgore spirituale e solo brava ad imitare la sofferenza - più un cardellino in gara con un liuto, quindi, nell'Adone, dove questo è un episodio celeberrimo, che tanti amanti e rose e spine e onde fra i capelli e fulgori fra le labbra di rubino.
Insomma, in questo Virgilio, potremmo sentire, anche nella cadenza lenta delle sillabe, anche "Il portiere caduto alla difesa, ultima, vana" - quell'epica piccola, quella piccola Iliade che Umberto Saba ha donato al Novecento con le sue Cinque poesie per il gioco del pallone.
Ma per sentire un po' più veramente quell'esametro e mezzo dell'Eneide - che avrebbe questa scansione, Désine méque tuís | incéndere téque queréllis:/ Ítaliám non spónte sequór - dovremmo pensare forse al vecchio prosodiare degli avvocati nelle arringhe, a qualche brano scanzonato e irrisorio di Vittorio De Sica; al salire e scendere musicale degli accenti, che il nostro semplice rafforzamento tonico non fa che ridurre ancor più rispetto al presunto vero modo di pronunciare degli antichi Indoeuropei, Latini compresi.
Allora potremmo pure ricordarci - sentendo la musica fra le parole, sentendo lo scontro sciabordante della chiglia della nave in mare - di un verso di Apollonio Rodio nelle Argonautiche, quello proprio all'inizio del poema, quando al principio ancora del "Catalogo degli eroi" che accompagneranno Giasone nel suo viaggio, si dice

ὡς οὐκ ἀνθρώποισι κακὸν μήκιστον ἐπαυρεῖν

nessun male è così lunge dagli uomini, che non l'incontrino


e anche qui si sente un'irruzione, e poi un subito frenare delle sillabe - hṓs oúk anthrṓpoisí kakòn | mḗkiston epauréîn - che di sicuro ha ispirato, scritto qualche secolo prima, Virgilio e il suo Enea, almeno per una musica che ferisce col fuoco...


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